Concetto Temporale 23/2


Raccontato dall'autore

 

“La fine si avvicina...”, metafora gentile e necessaria per rimanere in contatto con la morte, sempre viva e presente: indispensabile sapersi muovere nella notte da soli, con lucida consapevole incoscienza.

In “Concetto Temporale 23/2” il tema è quello della fine che si avvicina – della morte, se proprio vogliamo capirci al volo –, che però, qui, lo intendo allargare accostandolo più al concetto di “passaggio” da uno stato, da un periodo all'altro, non solo della vita, ma di ogni esperienza fatta e ancora da fare, in cui si prende coscienza di passare – transitare - da una fase vecchia e superata, a una fase nuova – il futuro nel presente – ancora da scoprire, da provare – sperimentare -.

Oggi, sabato 22 aprile, ho terminato solo la parte centrale di questo lavoro, la parte che riguarda il centrino che in questo caso, insieme a tutto il resto, è nero. Ormai è chiaro che nel mio lavoro non manca mai e non potrà mai mancare un pizzico di sano divertimento artistico. Mi fa bene ricordarlo perché questa è una cosa molto bella e molto importante da tenere presente: guai se non fosse così! Divertimento creativo all'interno di una unione civile, tra il mio sesso e il mio cervello, istinto e ragione, che sono in continua ebollizione e che festeggiano – chi più chi meno - in continuazione. Ovviamente non sono sempre sicuro se ciò che sta bollendo dentro è sempre roba buona o roba da scartare, ma il cervello è mio, e di questa testa ne vado fiero, a prescindere; mi tiene costantemente compagnia, e non faccio del male a nessuno: io sto bene così!

Prossima esperienza: Concetto indefinito o Concetto Finito, non so; forse nessun concetto – oggi è il 12 ottobre 2023 –, visto che dei miei racconti non frega niente a nessuno. Sono serio, molto serio, e molto incazzato anche, perché davvero non so nemmeno se a qualcuno freghi anche solo in parte di quello che dico, confusioni mentali che fanno parte di un processo evolutivo mai definito perché mai finito, sempre indefinito, perché sempre in continuo movimento. Mai un po' di pace e di serenità, mai!? Quando qualcuno mi dice che la forza della mia arte sta proprio in questo, adesso, in questo periodo che sono preso male, che ho le balle che girano, mi viene di mandarlo a cagare. Sono stanco, sono stufo, come devo dirlo, o forse, come devo dimostrarlo, se non smettendo di foraggiare tutti quegli avvoltoi che mi girano sulla testa vogliosi solo di beccare, di mangiare, di consumare la mia carne ancora viva e vivace?

Sì, forse nessun concetto, perché oggi niente di quello che si usava anni fa, interessa più nessuno, e non suscita più né interessi né stimoli. La gente non ha più voglia di impegnarsi, di capire, di ragionare. La gente, oggi, vuole tutto pronto e servito in tavola, e che sia bello o anche solo piacevole da guardare, ma per carità di Dio, non fateli ragionare. “Riccioli e Capriccioli” racconta, in sintesi, tutto quel microcosmo che si vede in questa performance, e che altro non è che il microcosmo di noi due: di mia madre e di suo figlio. Dentro questa storia, è successo di tutto – per sommi capi già raccontato -; dentro questa storia, ora, ci siamo di nuovo solo noi due. Come tutto era nato all'inizio, adesso tutto sta volgendo al suo naturale epilogo: la fine di un rapporto genitoriale mai consumato – vissuto -, ma sempre scansato.

 

Riccioli e Capriccioli

Con i colori dell'arte ti avrei accompagnata dentro il mio arcobaleno,
tanto ci saremmo divertiti insieme, madre, se solo tu avessi pazientato, per imparare insieme a me.
Così è sfumato un sogno,
nel bel mezzo della mia gioventù.
Tanta era la paura di studiare che sei scappata con la sola patente B.
Ora sono i tuoi occhi a chiedere di me, ma così mi confondi, e il sapere non mi aiuta.
Non ho più sangue per te, donna, tanto ho vissuto, ormai, senza di te.
Con la presunzione di sapere tutto, mi ritrovo a studiare sempre;
abbandonato da Dio, affogato nel mio io - infausto destino -, ora accetto i tuoi perché.
Vorrei almeno odiati, ma non riesco, non capisco.
La commedia dell'arte mi ha insegnato
che tutto è buono per il teatro che c'è:
Adesso si va in scena così, con ciò che è rimasto di te.
Con il sacro di una famiglia che non c'è, con il profumo di un figlio, mai compreso, che c'è.
Maschere nuove sotto la guida di me, per un piacere finale che è tutto e solo mio.
Questi erano i patti: sono sempre stato chiaro con te, infatti,
ti ho chiesto io di posare così. Ma ricorda, i miei capricci non sono finiti:
anche la morte avrà la sua parte, in un teatro così.

 

Non posso aspettare di avere qualcuno accanto per condividere il bello della vita, nell'attesa, senza rinunciare a niente, condivido tutto con me stesso. Forse non sarà il massimo, ma è di sicuro molto meglio che stare ad aspettare inutilmente il mio Godot.

È coltivando l'idea astratta di poter amare solo uno, che vivo nella concreta libertà di amare tutti.

Più cerchi la perfezione e più vivi nella solitudine da perfetto sognatore.

Se la perfezione non è di questo mondo, a cosa serve confessare i nostri umani peccati?

 

Quale castigo è più atroce da sopportare di quello di doversi occupare della propria madre, senza provare il ben che minimo amore che un figlio dovrebbe provare per Lei. Ancor più grande è questo castigo da sopportare quando sai perfettamente che tua madre fa finta di non accorgersi che in quello che fai non c'è amore, ma solo il senso del dovere; ma lei è però sempre pronta a sorriderti e a dirti mille volte “grazie.” In questo modo non se ne esce. Lei ha bisogno di te, ma nel tuo gelido amore, arde una fiamma che ti consuma dentro, e questa fiamma non può che essere il suo vero amore; l'amore che non si può mai definire, circoscrivere e spegnere, di una madre. Tu, figlio, sopporti mal volentieri questo, e vorresti che tutto volgesse ad una fine, invece sopporti, e vai avanti... Io, figlio, vorrei che tutto finisse, ma quando lei mi parla, la sua voce mi riconquista, giorno dopo giorno. Il suo ruolo di madre, e il mio ruolo di figlio - un ruolo mai documentato -, sembrano prendere corpo, e tutto si confonde e si mescola all'interno delle mie svariate e variopinte personalità di uomo libero: per ora, mai figlio!

Il tempo che ci è dato da vivere è comunque abbastanza lungo, per breve che ci possa sembrare, se solo imparassimo a viverlo pienamente, e nel migliore dei modi. Lo spreco però è fisiologico, ci è umanamente concesso dalle tante inutili o poco utili variabili che la vita ci propone ogni giorno sotto forma di ingannevole bisogno. Quando però il tempo inizia a mancare perché si inizia ad invecchiare, solo allora ci si accorge di quanto tempo abbiamo letteralmente buttato via inutilmente. Non è il tempo che abbiamo a disposizione che è poco, ma è il tempo che abbiamo speso bene che, alla fine dell'avventura, ci sembra essere stato poco; è quasi sempre così, per tutti, nessuno escluso! Quando lo capiamo, abbiamo anche capito che è troppo tardi per rimediare.

Trovo interessante proporre questo frammento tratto da Eretico & Corsaro - Venti pagine di diario (1948-1949) -, di pura e intensa consapevolezza che si raggiunge solo a maturità avvenuta, come nel caso di P. P. Pasolini, che così tanto bene la esprime in questa poesia. Lo stesso è per Mauro Pavan che si sta impegnando per seguirlo a ruota, si fa per dire... Vorrei arrivare al punto di capire, vedere e sentire che, anche un battito nervoso di ciglia, uno sguardo che dice più cose di quante ne ha scritte Omero, notare le pieghe di un pantalone quando il sangue pulsa sotto e ti chiama per condividere il suo vigore, questo significa aver capito, visto e sentito di tutto. Meglio se tutto questo “sapere” fosse reso in solitario, respirando l'aria pura della libertà sempre fresca e giovane che ti è propria, e ti rende disponibile a consumare un pasto ogni volta che ne senti il bisogno. Il vigore della gioventù è talmente abbondante che i pasti ti riempiono lo stomaco; e più ne mangi, più ne mangeresti. Quando sei sazio te ne vai contento, perché la sensazione che provi è qualcosa di indescrivibile, tanto ti ha gratificato quella consumazione. Un po' come se dal cielo fosse sceso un angelo mandato di Dio, mosso da caritatevole pietà verso chi è assetato di sola fame e sete, ma che si vergogna di chiedere: questo sono io, da sempre!

Ciò che non esprimo muore.
Non voglio che nulla muoia in me.
Il mio orgasmo è consumarmi
fino ai detriti della pazzia
il mio orgasmo è risparmiarmi,
non perdere una lacrima...
Mi scuote una febbre di maniaco
al pensiero di giungere tardi
di perdere un istante: troppa vita
deve affrontare questo vivo
che io nutro senza averne forze.

Mi ricordo in questo preciso momento quando da giovane, molto giovane, sentivo ripetermi spesso la frese: “Sembri molto più grande – inteso come più vecchio – degli anni che hai.” Non riuscivo mai a capire il vero significato di questa frase, non sapevo bene se intenderla più come un complimento o qualcosa di cui vergognarmi. Ora mi è tutto chiaro! Non era né l'uno né l'altro; si tratta più semplicemente di capire che la vita, a volte, sceglie qualcuno cui affidare compiti ingrati, come quello di maturare più in fretta, prima degli altri, appunto, condannandolo al confronto continuo con gli altri. Per questo, visto il peso di questa croce da portare e sopportare, ad un certo punto, si decide di condividere questo fardello con uno psichiatra. Ormai lo psichiatra è diventato un mio coinquilino, un compagno, un amico, un amante perfino, siamo diventati una vera coppia di fatto, che si ama, si cerca, e che si aiuta a vicenda. Noi due stiamo bene insieme, viviamo in simbiosi, adesso che ho capito come si fa a chiedere aiuto e ad avere quasi sempre le risposte giuste, anche vivendo da solo. Non è una convivenza facile, per niente, ma è possibile.

 

Cosa farò quando sarò ancora più grande, non lo so. Però so che gran parte di quello che volevo fare, l'ho fatto. Quello che mi fa specie, che mi stupisce positivamente, è che mi sto accorgendo, ora, oggi, che ho fatto più di quello che immaginavo di poter fare. Sembra una cosa di poco conto, ma va inteso come consapevolezza di aver intrapreso un duro lavoro, portato avanti con tanto impegno e ossessione di fare - lavorare -; questo per recuperare il troppo tempo passato in cui non ho potuto fare, e tutto questo mi sta sorprendendo non poco; mi dà serenità. Nel senso che mi sto rendendo conto che i tanti sacrifici fatti, compresi quelli economici, mi hanno portato a essere orgoglioso del mio percorso fatto e di un arrivo che intravedo sempre più vicino. Questo però è quello che penso oggi 20 settembre 2023. Con me non si sa mai dove si andrà a sbattere.

Gli amori veri, quelli intensi che ti distruggono dentro, non finiscono mai; sono quelli che si sono coltivati per anni nel silenzio dei nostri cuori, e mai consumati.

Riflessione del 14.03.23, mentre sto attraversando il ponte di Castelvecchio:
Se sto in mezzo gli altri mi sento un alieno, se li rifuggo, anche; continuerò quindi a camminarci sopra.

Mi disturba tutto

Mi disturba tutto:
ora è il vicino,

ora è un cane,
ora sono i bambini,
e ora i genitori dei bambini.

Mi disturba tutto:
ho bisogno del silenzio
per leggere, per pensare,
per scrivere e per dipingere.
Ho bisogno della libertà, per ripartire.

Mi disturba tutto:
ma qui devo stare,
solo, senza un cane.
Da qui non posso scappare,
come mi piacerebbe fare.

Mi disturba tutto:
vivere per lavorare;
lavorare per pagare quelli là.
Questo è avvilente e frustrante:
beato chi vive cantando e pregando.

Mi disturba tutto:
quando hai già lavorato
e vorresti lavorare ancora,
ma forse è troppo tardi,
dopo, per fare altro ancora.

Mi disturba tutto:
perché questo è stato impostato
come modalità sincrona:
serve a rendere più ricchi i ricchi
e più poveri i poveri, tutto regolare.

Mi disturba tutto:
l'ipocrisia che mi striscia viscida
e puzzolente intorno,
di cui non riesci a liberarti,
tanto è ipocrita tutto ciò che sogni e fai.

Mi disturba tutto:
il sesso rubato con vigliaccheria,
e l'esibizione sfacciata e orgogliosa
di chi ha tanto ancora da mostrare;
mentre tu stai sempre ragionare.

Mi disturba tutto:
dimostrare di tenerlo sempre in riga,
quando in riga ci sta solo il cervello.
Farei volentieri scambio, a volte:
il mio cervello per un righello.

Mi disturba tutto:
perché mi abbasso per mascherare
che tanto non c'è più niente da mostrare.
Ma da solo me la cavo,
quando il porco pascola libero...

Mi disturbano i colombi:
quelli di fronte casa,
che con sfacciata arroganza
fanno quello che vogliono, tutelati da leggi
che i poveri cristi manco si sognano.

Mi disturbano tutti:
Quelli che parlano a vanvera.
Quelli che insegnano le materie altrui.
Quelli che si credono artisti,
perché “altri” più furbi li chiamano artisti.

Mi disturba la consapevolezza
di non fare mai il primo passo
per paura del rifiuto, o forse,
per paura di essere misurato,
in altezza, lunghezza e... profondità.

Uomini che confessano altri uomini,
mentre le mani sono diversamente giunte.
Figuriamoci quando confesseranno le donne:
No, questo non si può fare!
Andassero tutti a quel paese quelli là!

Quelli che fanno parte del clero monarchico,
mangiando e bevendo come maiali.

Quelli che la chiesa l'hanno scambiata per una cantina:
ti fanno ubriacare così perdi l'orientamento.

Quelli che in chiesa ci vanno di giorno,
perché di notte Dio non vede cosa fai.

Mi disturbano i programmi televisivi,
quelli creati ad arte per gli imbecilli,
perché più deficienti ci sono in casa,
più risulta economico fare televisione.

Mi disturba che siano stati chiusi i manicomi,
luoghi che andavano ripensati e riadattati
per i nuovi e più gravi disturbi mentali di oggi.

Mi disturba che tutto sia pesato in base al profitto,
che tutto si mascheri dietro l'ipocrisia illuministica
della libertà, fratellanza e uguaglianza:
mai applicata né da Dio né da Cesare.
L'illuministica ipocrisia del Dio denaro
offusca la mente, e incita a perseverare nell'oblio della ragione.
Mai ipocrisia più ragionevolmente ingannevole
è stata coniata dall'uomo come la religione di Stato.

Mi disturba la manipolazione di massa,
comprata e rivenduta alla massa,
per sua benedetta inconsapevole ignoranza.

Penso a quando sarò ancora più vecchio,
perché solo allora mi sentirò ancora più libero
e svincolato da tutto:
libero di condannare, non più di benedire.

Potrò liberamente mandare a fare in culo
chi mi disturberà ancora inutilmente.

Intanto mi alleno e vi benedico ancora tutti,
col il mio cuore dentro il culo vostro:
tanto non vi sopporto tutti.

Mi disturbano le mie fobie, le mie ossessioni, le mie insicurezze, tante sono le domande che mi faccio per capire se è giusto o meno quello che faccio.

Mi disturba tanto da mandarmi fuori di testa, il voler ostinarmi nel cercare un Dio, e di non trovare nessun Dio che meriti di essere trovato. Anche se, credendo esageratamente in me stesso, in quello che penso di essere, meno in quello che faccio – di questo sono serio e convinto -, credo di aver trovato Dio ogni volta che trovo uno specchio in cui riesco a guardare oltre lo specchio; fosse anche lo specchio rotto di un cesso sporco: ne so qualcosa!

 

Se non ti sei mai inginocchiato sopra una merda, non puoi dire di aver assaporato fino in fondo la vita

 

Per fortuna arriva sempre la sera, quando le mie paure e le mie ansie si confondono con le mie certezze; allora mi addormento pacificato con me stesso, con la mia coscienza: il mio vero e unico Dio.

 

La notte è sempre la benvenuta, perché la notte mi regala momenti magici in cui mi sento libero di sognare la vita che avrei voluto vivere da uomo libero.

 

Risulta sempre molto più comodo e opportuno, oggi come ieri, immergersi dentro un mondo immaginifico – il bel salotto di casa in centro città -, ritirandosi a vita privata, escludendo gli altri e vivendo da perfetto alieno; a meno che non ti chiamino in TV a dire la tua, che fa anche molto radical chic, con la libreria dietro.

 

Quando io ne sento il bisogno, il mio Dio si mette in contatto con me. Mi penetra nel profondo e mi guarisce “da tutte le malattie”, senza bisogno che chieda niente più. È sufficiente che mi colleghi con lui, e lo lasci fare; lui sa cosa è bene per me. Grazie, o sole mio!

27/09/23

Eliminare totalmente Dio dalla propria vita non è una scelta sconsiderata, ma un atto di estremo coraggio che, ad oggi, non ho saputo compiere del tutto; un prezioso e sensato atto di fede verso la propria dignità. L'uomo non sarà mai libero finché sarà schiavo di un Dio.

Prospettiva di fuoco

L'unico motivo per cui valga la pena
di inginocchiarsi, è per godere
del bello che la vita ha generato nell'uomo:
dipinto, scolpito, fotografato: carne viva.
Per tutto il resto ci sono i film di fantascienza.

Inginocchiati si soffre e ci si sporca,
ma è solo così che la preghiera
assume tutto il suo valore di lode alla vita,
godendo fino in fondo, in religioso silenzio.
Per tutto il resto c'è il teatro dell'assurdo.

Inginocchiati si tocca il paradiso,
popolato da cromatiche visioni, non solo celestiali;
di pesi e misure inspiegabilmente diversificate.
Questo è ingiusto, ma è pur sempre divino.
Per tutto il resto c'è la commedia dell'arte.

Tutto intorno tace, nessuno osa parlare.

Quando hai finito di pregare in ginocchio,
dopo aver ingoiato tutti i bocconi dolci e amari
che la vita ti ha generosamente donato,
chiedi l'assoluzione, affinché la coscienza
non ti tenga sveglio la notte, e scappi via...

Le ginocchia ti faranno molto male
e saranno sporche di peccato,
ma non fa niente perché ti sei confessato,
Il male passa e il peccato: uno sputo e via.
Ci dormi sopra... che ancora assapori la vita.

Per tutto il resto, se ancora ce ne fosse bisogno,
c'è l'arte che ti salva l'onore e ti para il culo:
sei un artista, e un artista non si tocca!
La dignità, invece, è tutta da ricostruire.

Se ancora non hai capito come devi fare,
mettiti in ginocchio pure tu, e aspetta...
La prospettiva si mette a fuoco da sola;
quando meno te lo aspetti, c'è sempre un Godot che arriva.

Diversamente, resta a casa a farti una sega.

 

Spesso è l'incomprensibile e contorta banalità di certe frasi, a renderle inutilmente famose agli occhi di chi si vanta di averle capite.

Ogni qualvolta ci fermiamo a riflettere sulla nostra vita, sentendoci in dovere di ringraziare chicchessia per averla avuta in dono, stessimo anche ammirando un bel culo, un bel paio di gambe, o uccelli che volteggiano liberi e gioiosi sopra le nostre incontenibili voracità, in quel momento noi stiamo pregando.

Per tanto che io dica di star bene da solo, e questo è vero, quando penso che vorrei avere una relazione affettiva, vado sempre a pescare nel passato già vissuto e consumato. Continuando così, non potrò che continuare ad amare solo me stesso.

La curiosità di trovare un Dio mi sta condannando a doverlo cercare dappertutto: un cane guida per ciechi mi sarebbe d'aiuto.

Madre, non avrei potuto vivere liberamente la mia vita se tu non avessi sacrificato, da ingenua cristiana, la tua per me.

Anni fa mi addormentavo pensando a cosa avrei fatto nel prossimo lavoro. Oggi mi addormento pensando a come posso ringraziare la vita, cercando sempre le parole più adatte per raccontare il mio amore verso la vita stessa, che mi è madre e padre; o solo madre, o solo padre: chi se ne frega!

Malgrado tutto – solo una madre a metà – mi sento un uomo fortunato, perché ho capito che tutto quello che mi ha fatto tremare il cuore è stata la “tua” assenza, molto più forte e importante della “tua” presenza: Arte concettuale coi piedi per terra!

 

Niente da fare

Ci provo, ma non riesco.
Faccio di tutto, e ci ripenso.
Finalmente è fatta, mi dico,
ma poi torno indietro.
Accosto la mia guancia alla tua,
perché si usa, ma niente.
Mi accarezzi, e cala il gelo.
Perdonami, madre, ma proprio non riesco,
faccio un passo avanti e uno indietro;
e non c'è verso, sempre là mi trovo:
Solo con me stesso.

(Terminata oggi, 20 giugno 2023)

Il concetto di “radici” applicato all'uomo, è la cosa più insensata e stupida che abbia mai sentito.

Quando la fede in Dio ha messo le sue radici, e tu, invece di estirparle gli dai da bere, allora è fatta; sei condannato a mangiare queste radici per tutta la vita. Questo non è un menù sano ed equilibrato, e i cinque sensi ti giocheranno brutti scherzi.

Oggi è il 20 giugno 2023, e sono settimane che non riesco più ad andare avanti con questo racconto, tanta è la stanchezza e lo stress provocato per lo più da persone idiote, in quanto molto ignoranti. Persone che sempre trovo sulla mia strada, anche solo se faccio poche decine di metri per andare a fare la spesa. Perché questo, perché capitano tutti/e a me? Perché proprio non ce la faccio con gli ignoranti, perché non riesco ad ignorarli, a non curarmi di loro, e ancora, perché alla mia età ho la presunzione – altra forma di ignoranza – di poterli tenere a bada? Come faccio ad essere così ignorante anch'io, quasi pretendessi di spiegare loro che altri sono i modi di fare, e di comportarsi? Invece no, tendo a dar loro una seconda, una terza, una quarta chance. Quanto ignorante sono anch'io?...

 

10 agosto 2023

Così non può andare avanti; sono moderatamente in-felice. Perché mi sta succedendo questo? Tanti i fattori che credo di conoscere bene; a mie spese ho imparato quello che a scuola non si può insegnare. Per vedere il bicchiere mezzo pieno dovrei dire che, essendo la faccenda sotto controllo, per ora, non devo allarmarmi più di tanto, ma preoccuparmi sì. Infatti, preoccupato di questo stallo, non più creativo, ma molto riflessivo e molto incazzato col sistema che tiene in piedi il baraccone dell'arte e, di conseguenza, della mia felicità – con questa consapevolezza lo stress aumenta a dismisura -, sto cercando ogni piccola e insignificante cosa da fare, purché mi faccia stare, apparentemente e momentaneamente, benino. In poche parole, sto tirando avanti alla meno peggio; e le cose da fare, anche importanti, non mancano. Non mi preoccupa più di tanto lo stallo del momento – lo intendo come una pausa, che ci sta -, mi preoccupa di più pensare come e quando ne uscirò. In tutto questo c'entra anche l'età che avanza, eccome se c'entra. E c'entra ancora una volta mia mamma; povera donna, povero figlio, poveri noi! Che sia chiaro però, sapere di invecchiare non è di ostacolo per la mia serenità, non più. Il fatto è che sento sulle spalle il peso di un'età – il vissuto – doppia di quella che ho in realtà. Stanchezza, delusioni, solitudine - non sempre tenuta sotto controllo -, confusione, in tutti i sensi, paura di essere fregato – in tutti i sensi -, ignoranza da combattere che ti succhia letteralmente ogni singola energia che hai messo da parte come riserva per meglio affrontare la stagione successiva. A forza di idealizzare tutto e tutti – io per primo -, mi ritrovo a fare i conti con realtà che non conoscevo, in quanto, il vivere selvaggio che mi ha cresciuto, oggi mi sta presentando il conto; un conto che ora non posso pagare. Che faccio?... Non lo so, vivendo pieno di dubbi, su tutto, aspetto un segnale, un segnale che, prima o poi, arriverà di sicuro, come è sempre arrivato. Si tratta di non forzare la mano al tempo, alla vita, al destino, vagoni di un treno - la nostra vita - che ogni tanto passa e ripassa, eccome se ripassa. Il treno della nostra vita passa tante volte, non poche, sta a noi accorgercene, sentirlo arrivare, pronti a saltarci su, con o senza una valigia fatta. Questo però succede se siamo pronti per affrontare un nuovo viaggio, fosse anche l'ennesimo, fosse anche l'ultimo degli ultimi dei nostri tanti viaggi già fatti. Noi e il treno siamo una sola e unica cosa, una sola locomotiva; noi siamo il treno e il treno è noi. Siamo noi a decidere se vogliamo essere una locomotiva che trasporta, o merce che si fa trasportare.

15 agosto 2023

La ragione che ciascuno di noi crede sempre di avere su tutto, è ragionevolmente proporzionata ai limiti che ciascuno di noi ha, a sua colpevole insaputa.

Per questo chiedo a tutti indistintamente, una maggior prudenza nel dispensare consigli ogni qualvolta si presume che siano necessari, e di prendere piuttosto in seria considerazione l'opzione di tacere.