Concetto Temporale 22/2


Raccontato dall'autore

Mauro Pavan è uno degli artisti contemporanei più rilevanti a livello internazionale, il suo nome è diventato simbolo di una vera e propria rottura con i linguaggi artistici tradizionali. I ricami, i merletti, i centrini di Pavan sono diventati un simbolo, un’icona di quanto l’arte contemporanea sia dirompente e talvolta necessiti di una lettura più approfondita per comprenderne il significato.

Davanti a qualsiasi dei celebri centrini di Pavan infatti, il cliché più comune è quello del chiedersi se sia veramente arte. In questo racconto proviamo a spiegarti perché i suoi ricami sono assolutamente arte e ti racconteremo l’incredibile storia di uno dei nomi dell’arte contemporanea più importanti al mondo.

Mauro Pavan e la filosofia del Concetto Temporale

Considerato uno dei massimi esponenti della Filosofia Temporale, Mauro Pavan è l'autore del manifesto di questo pensiero.
Ma che cosa sono i Concetti Temporali?
Si tratta di una serie di opere con al centro dei ricami-merletti, disposti al meglio in base allo spazio che l'artista sceglie di volta in volta. Le sue tele sono storicizzate dallo sfondo – un letto (cit. V. Sgarbi) – che ha dentro di sé sedimentata la Storia, mentre il ricamo che diventa interprete principale di questo spazio, diventa il concetto di un Tempo che non ha mai fine, di un Tempo che si rigenera, di un Tempo passato che sa stare – sentirsi a proprio agio - molto bene nel presente e anche nel futuro.
Un’apertura verso un altrove al rovescio, verso nuovi linguaggi rigenerati e mai riciclati, ma anche verso nuove forme e spazio, Storia e Tempo. I ricami di Mauro Pavan che si esemplificano nella sua filosofia del Concetto Temporale vogliono interrompere la tradizione pittorica bidimensionale della tela – peraltro già ampiamente interrotta -, per lavorare nella Storia e nel Tempo nel senso che attraverso il recupero di oggetto e soggetto si passa direttamente a concetto. Si diventa qualcosa che non è più classificabile nello spazio e nella storia, in quanto non interessa trovare per forza una collocazione spaziale – tempo/storia/spazio - specifica.
L’impatto è impegnativo e Pavan sceglie di iniziare a produrre le sue, non ancora celebri – stiamo coi piedi per terra -, opere con questi manufatti in serie, realizzandone circa... per ora - oggi 14/07/22 - cinque; compreso il “22/2” qui presentato.

La dimostrazione che il Tempo è “solo”un concetto: oggi, in questo momento, 14/06/2022 il quarto è in arrivo e ci saranno sorprese importanti in vista del quinto o del sesto, dipende dalla tenuta, dalla resistenza, dalla tenacia, dalla forza e dalla voglia di vivere che dimostrerà di avere questo povero, meraviglioso e davvero speciale, centrino. Io lo sto trattando come un figlio, ma anche questo è un concetto; un concetto senza Tempo.

“Conta l’idea. Basta un ricamo. Sempre di un concetto si tratta”.

Per Fontana quindi basta un taglio sottile, realizzato con una lama affilata per cambiare in modo definitivo il linguaggio artistico conosciuto fino ad allora.

Per Pavan basta un centrino, un ricamo, realizzato all'uncinetto dalla mamma, un centrino che nessuno più usa, che nessuno più vuole, e che si snobba, per modificare intelligentemente il linguaggio artistico-pittorico di cui da tempo si sono perse le tracce.

Curiosità: Fontana era solito scrivere frasi ironiche dietro alle sue tele per evitarne la contraffazione. Quindi anche il retro dei quadri di Fontana è tutto da scoprire!

Curiosità: Pavan era solito far passare mesi o anni prima di firmare sul retro della tela, tanto poco gli importava di lasciare traccia del suo possesso. Una volta finito il lavoro, per Pavan era finito tutto, in un certo senso anche il ricordo di quel lavoro finito scompariva dopo aver messo la firma. Il concetto del possesso e della contraffazione non è argomento che appassiona Mauro Pavan, di questo lui si disinteressa. Di questo Pavan non si preoccupa, non ha energie da spendere per scrivere frasi ironiche dietro alle sue tele per evitarne la contraffazione. Quindi anche il retro dei quadri di Pavan non ha niente da rivelare che non sia già stato rivelato sul fronte. Concetto non possesso!

La conoscenza infinita vuole una infinita concentrazione e forza di pensiero, per mezzo della quale si buca l'aria, che contiene la soluzione finale – Concetto Spaziale -. Ma la conoscenza infinita non esiste, non ci appartiene ancora. Non per questo non posso dire che manchi una enorme e spasmodica, ossessiva, ma non potrà mai essere infinita, concentrazione e volontà di pensiero, anzi. L'impegno profuso, costante, di arrivare fino in fondo, in tanti lo mettono, eccome se lo mettono; anch'io ci metto nel mio piccolo un costante e appassionato impegno. La conoscenza infinita non esiste, non ancora, e non esistendo, nel senso che ancora non ci appartiene, è giusto cercarla con il massimo dell'impegno e della forza di pensiero. Non vorrei che nel proiettarci a cercare nell'infinito – futuro -, ci perdessimo al contempo pezzi, scampoli di conoscenza – storia - acquisita, peraltro mai del tutto elaborata e risolta definitivamente, continuamente lasciata indietro per strada. La voglia di conoscere, di esplorare, di dominare e controllare tutto è insita da sempre nell'uomo moderno, ma attenzione, anche in questo caso si rischia di andare a sbattere. Ancora una volta mi trovo in difficoltà ad ammettere che mi sento a disagio nel pormi tutto di qua o tutto di là; non solo in politica. Non sono ancora pronto, si vede – carenza mia probabilmente -, nello sposare definitivamente una tesi e con lei sentirmi piacevolmente e stabilmente accasato, unito indissolubilmente in matrimonio; non ce la faccio, non ancora. Ho sempre la sensazione che ci sia ancora tanto da recuperare, da riportare alla luce, da riprendere in mano per nuove verifiche, nuove analisi, nuovi esami che, comunque, spesso portano anche a nuove scoperte, nuovi linguaggi lasciati perdere troppo in fretta a vantaggio di più facili espressioni comunicative.

Rispolverare la Storia, ogni tanto, migliora anche il Tempo nostro. Va benissimo che l'artista sia un sognatore, un idealista, una persona che riesce a staccarsi da tutto e da tutti per essere – esprimere – solo sé stesso, nel senso che sia libero di fare e disfare senza interferenza esterne, ma non dimentichiamo mai che, volenti o nolenti, siamo sempre legati al Tempo in cui viviamo.

La conoscenza infinita vuole una infinita concentrazione e forza di pensiero, per mezzo della quale si buca l'aria, che contiene la soluzione finale: frase bellissima. Salvo poi ripiombare sulla terra ferma per andare a scrivere frasi sul retro della tela per evitare le contraffazioni. Purismo o Puritanesimo (!?).
Le risposte a tutte le nostre domande sono tutte concentrate dentro di noi: no, non è così!
Noi conosciamo tutto perché veniamo dal tutto, solo che sappiamo ancora troppo poco: la prima è vera nella teoria, la seconda è vera nella pratica.

Ahimè, la mia paura è che continueremo ancora a lungo a conoscere troppo poco del nostro tutto; un tutto che, per come vanno le cose, resterà a lungo un mistero. Le troppe distrazioni che in pochi si concedono per puro piacere e tornaconto personale, frenano il desiderio di molti di approfondire le conoscenze indispensabili per migliorarsi. Così facendo il tutto ristagna, soffoca e il tutto implode; magari a nostra insaputa si dirà. Dentro a questo tutto ci stiamo noi, ed è proprio il caso di ammettere che tutto accade a nostra distratta e miope insaputa. La troppa leggerezza che ci circonda, confezionata ad arte, spacciata per cultura, ci rende stupidi davanti alla serietà di un tema che è fondamentale per la sopravvivenza e l'evoluzione della nostra anima e coscienza. Stiamo diventando tutti miopi, ciechi, sordi e, conseguentemente, insensibili e incapaci ormai di distinguere ciò che è buono da ciò che è male; il bello dal brutto.
Stiamo, lo dico convintamente, disperdendo a nostra insaputa – INCOSCIENTEMENTE - , nel senso che non ce ne rendiamo conto fino in fondo, tutto il bello e il buono che siamo riusci a mettere insieme finora, dall'antichità classica fino agli anni '70/'80 del secolo scorso.
Così continuando, credendo di fare bene, illudendoci di fare bene, stiamo distruggendo tutto: dovremmo provare vergogna! Di non fare del bene ne siamo tutti convintamente e stupidamente inconsapevoli.
L'egoismo e la cupidigia di alcuni (non si può più parlare di uomini in generale), portano la massa ad una sempre maggiore cattiveria e inaridimento culturale, perché distratti dall'ansia istintiva e sempre primordiale della sopravvivenza. L'ipercapitalismo occidentale che da qualche decennio ha sbaragliato tutto ciò che era rimasto di buono e di sano, è diventato l'unica religione di stato, una religione, l'unica religione che sia riuscita a mettere tutti d'accordo. Illudendo in questo modo, nel senso di essere riusciti a unire e a portare finalmente la “pace” tra i popoli. Per colpa di questa religione, ci sarà entro la fine questo secolo l'implosione di tutto. Le religioni tradizionali, per lo meno, avevano un loro specifico fascino letterario che le rendeva, eventualmente, nei casi più disperati, interessanti da leggere. L'ipercapitalismo è invece una religione dove da leggere, e tanto meno da capire, non c'è nulla, nulla di nulla. Per questo abbiamo davanti a noi un traguardo puramente effimero, e come religione ci sta, ma che non porterà nessun beneficio per la coscienza – benessere primordiale - di ciascuno di noi, solo benefici economici per pochi. Peccato, perché questa è una strada sbagliata che non porterà a nulla di buono, e quando la massa degli esclusi – eliminati da tutto – se ne renderà conto, allora succederà l'irreparabile. Dopo aver disperso tutto il buono fatto finora, dopo averlo dimenticato e sostituito con più facili guadagni, ci renderemo conto – forse – ma sarà troppo tardi, che quella era la strada del Diavolo, l'unica strada che non avremmo mai dovuto imboccare.
La pittura è morta; viva la pittura!