Concetto Temporale 22/4


Raccontato dall'autore

Per fare Arte basta una buona idea, basta un ricamo; l'Arte è sempre un concetto. Questa è, per chi guarda e per chi legge - il pubblico -, arte astratta; ma io sono convinto che di astratto nell'arte astratta non ci sia niente. Nell'arte astratta c'è invece tutto quello che di più concreto - la sintesi consapevole - un artista abbia saputo esprimere con l'intelligente concretezza del fare, unitamente all'intelligente capacità di sottrarre ciò che è inutile dire.


Coscienza tridimensionale: un concetto triplo che vale doppio

Avere una coscienza 3D ci permette, detto terra terra, di avere tutto sotto controllo, a partire da noi stessi. La coscienza 3D è la consapevolezza piena di ciò che siamo e di ciò che vogliamo, nel senso di cosa stiamo, più o meno consapevolmente, cercando. La coscienza tridimensionale ci permette di vedere anche nel buio, di vedere dove mettiamo i piedi di notte, ci permette di non smarrirci nei tanti sentieri che la vita, spesso beffarda e ingannevole, ci induce a percorrere. Fossero anche i sentieri, peraltro sempre tortuosi e pericolosi, ma sempre molto belli, dedicati al piacere sessuale. La coscienza tridimensionale è una Maestra di vita che ci accompagna dovunque, come fosse la nostra ombra, anzi è la nostra ombra, che non ci lascia mai e che non ha bisogno della luce naturale. Si potrebbe aprire subito un nuovo capitolo che affronti il tema della luce naturale e della luce diversamente naturale, non creata da un Dio, ma creata dall'uomo; ma ci ritorneremo sopra a questo concetto. La luce della coscienza tridimensionale sei tu, siamo noi, è dentro ciascuno di noi; quella è una luce perenne. Una luce che, una volta acquisita per merito meritato, non ti abbandona più, e quasi sempre si tratta di una luce non proveniente dalla Natura; ma sempre di un concetto si tratta. Cerchiamo di capire meglio cosa intendo per coscienza tridimensionale. Nei primi anni duemila, quando andavo a farmi strizzare il cervello, ho imparato a fare quello che faceva Gesù Cristo, uscivo dal mio corpo per essere me stesso sotto spoglie diversamente mie, per mostrarmi agli altri diversamente come una nuova entità. Ero io, ma ero diversamente io allo stesso tempo. In pratica ho imparato a guardarmi e a giudicarmi da solo, senza però farmi mai degli sconti, al contrario, bastonandomi da solo ogni qualvolta capivo di sbagliare. Alla fine mi sono trovato a convivere all'interno di una famiglia allargata; ci siamo ritrovati a convivere in tre in un bilocale, piccolo di metratura, ma immenso per tutto il resto. Io, l'altro io sotto spoglie diversamente mie, e il terzo, il più scomodo degli incomodi: l'anima mia. Come faccio a sapere di aver sbagliato? A dire che è semplice sarebbe una enorme menzogna, ma devo ammettere che ora, da quando ho imparato la formula magica, quando la applico correttamente, il risultato è stupefacentemente e straordinariamente corretto, sempre! Implacabilmente impeccabile e mai appellabile. Sono matto? No sono folle!
Saggezza e follia, unite tra loro, lavorando all'unisono con incessante tenacia e puntigliosa precisione, creano un “mostro” di perfezione che rende, chi ha saputo fare proprio questo concetto, una macchina che si avvicina alla perfezione. Non più bianchi o neri separati, ma sapientemente e opportunamente bianchi e neri insieme, e che non vuol dire per forza diventare grigi. Avere una coscienza tridimensionale, possederla consapevolmente, significa avere in corpo un Diavolo e un Dio allo stesso tempo. Entrambi con pari dignità di esistere e di vivere dentro di te, Diavolo e Dio uniti in te, formano un unico essere vivente che pensa e agisce, nel bene e nel male, con la consapevolezza che la forza tua diventa dignità di persona solo quando si arriva a coabitare tutti e tre insieme e in santa pace. Fondamentale il rispetto reciproco, senza per questo, e anche questo è fondamentale e imprescindibile, perdonarsi e assolversi per mezzo di meschine strategie, gli errori che saltano fuori durante l'assemblea permanente che deve sempre lavorare, di giorno e di notte, durante tutte le feste, le ferie, le malattie, secondo giustizia e imparzialità umana e divina. Guardate che non è facile, assolutamente non è facile per niente, anzi, ma una volta accettate le regole e una volta seduti al tavolo da gioco, sottrarsi diventa impossibile, tanto il gioco è duro e pericoloso e per questo affascinante. Se sei puro di spirito, se sei una persona gentile e pura nell'anima, pur con tutto quello che di negativo ciascuno di noi si porta appresso, troverai la forza e il piacere di stare seduto a questo tavolo da gioco e trarne vantaggio; a volte si può anche vincere. Non ci saranno sempre vittorie, ma anche le sconfitte più dolorose si supereranno senza traumi gravi e irreparabili, e questo perché la terza dimensione – la coscienza completa - saprà trovare il modo giusto e opportuno di darci una bastonata in testa, o un pugno sul muso, avendoci prima accarezzato e baciato sulla fronte.

“Follie! Follie! Delirio vano è questo Povera donna, sola, abbandonata In questo popoloso deserto che appellano Parigi Che spero or più? Che far degg'io? Gioire, di voluttà ne' vortici di voluttà perir Gioir, gioir Sempre libera degg'io Folleggiare di gioia in gioia Vo' che scorra il viver mio Pei sentieri del piacer... “

Sano egoismo + sana consapevolezza + sana conoscenza e sana educazione + sana follia = La vita si esalta, si riempie e si completa e si basta di sola e pura gioia di vivere e di essere. Torno a dire che qui, in questo modo, si sta volando alto, molto in alto. E' lo stile di vita saggio e folle, puro e genuino – mai ingenuo - che ti porta a volare in alto. E' lo spirito inquieto e libero che portiamo dentro di noi che ci spinge a volare in alto, non l'arroganza e la presunzione, perché le due cose insieme non potrebbero mai convivere. Anche questo misero pensiero espresso da un poveraccio qualsiasi come me è, al netto di tutto, frutto di una consapevole coscienza che sento maturare dentro di me col “Tempo” che passa. Il tempo passa inesorabilmente senza chiedere il permesso a nessuno, lui si muove lentamente, a volte velocemente, ma sempre con costanza e determinazione; inesorabilmente il tempo si muove e passa, ti accompagna dolcemente e ti può travolgere subito dopo. Il tempo va, lui è sempre oltre il nostro presente, anche quando noi facciamo fatica a capirlo e ad accettarlo per quello che ha già fatto ieri. Il tempo non è mai qualcosa che appartiene solo al presente o al passato, il tempo è più qualcosa che appartiene già al nostro futuro. Il tempo è un po' come la nostra anima, è indescrivibile nel suo essere concetto misterioso, scivoloso da trattare e trattenere; per questo estremamente soggettivo, unico e non facilmente codificabile se solo pensassimo inutilmente di rappresentarlo. Solo l'arte nella sua estensione più nobile ha il potere e il privilegio supremo, divino, di confrontarsi e parlare a tu per tu col “Tempo”; perché ricordate che il tempo mio non è mai come il tempo vostro. Io, infatti, sono qui a presentarvi il mio tempo, non per imporlo sul vostro o per dirvi che il mio tempo è migliore del vostro, ma più semplicemente e serenamente per farvi entrare nel mio tempo che, in questo caso, è un “Concetto Temporale”. Un concetto che abbraccia e risucchia la mia vita, la mia energia, la mia sensazione di stare bene con me stesso e di gioire per questo: questa è l'anima mia.

Follia? Sì, anche, perché no!

Sempre di più mi convinco che il collegio, nello specifico il Seminario, mi abbia a suo tempo e modo, fatto bene. Il Seminario mi ha dato “strumenti di lavoro” che altrimenti non avrei potuto avere a casa: ma poi, quale casa? Qual'era la mia vera casa, quella di Castiglione delle Stiviere o quella dei nonni materni nella campagna veronese.
Cosa c'entra tutto questo con l'arte? Se ancora ci poniamo la domanda, dopo tutto quello che ho qui confessato a voi e non al prete, significa che la strada da fare è ancora molto lunga. Ma ripeto, il piacere di raccontare è anche il piacere di ascoltarmi, in questo modo metto a fuoco tutto, e riesco a distinguere, almeno in parte, grazie alla coscienza, la mia parte buona da quella cattiva, ancora presente. Credo che alla fine, per aiutarci da soli a superare il guado e andare e guardare positivamente avanti, sia indispensabile prima di tutto accusarci, e solo dopo un sincero e umile pentimento, assolverci. Entrambi gli sforzi, condotti con onestà di coscienza, ancor più che intellettuale, vanno obbligatoriamente fatti, costi quel che costi, ma vanno fatti. Solo così il “Tempo” diventa qualcosa che va oltre il tempo stesso, e diventa, può diventare, nel suo continuo divenire, un “Concetto Temporale”.


Diversamente naturali: Appunto!
In questo periodo ho sentito di nuovo un dibattito assurdo su ciò che è naturale e ciò che non lo è o, peggio ancora, su ciò che viene definito “contro natura”. Questa cosa non la sopporto, non la posso accettare e mi fa ribollire il sangue ogni volta che sento dire questa stratosferica stupidaggine. Quanta insopportabile ignoranza ha ancora la libertà di circolare impunemente su questa “piccolissima pallina” chiamata terra (Cit. Piero Angela ). Quanta insopportabile ignoranza permettiamo ancora di transitare liberamente tra le piccolissime e microscopiche – in tutti i sensi - persone che abitano questo piccolissimo mondo. Non mi do pace per questo, e credo convintamente che combattere l'ignoranza debba diventare il primo obiettivo in assoluto da combattere e da sconfiggere, insieme alla salvaguardia dell'ambiente. Altrimenti resteremo tutti vittime inconsapevoli di un male che ci distruggerà tutti quanti, senza nemmeno darci il tempo di rendercene conto. Ma che lo dico a fare, ormai è troppo tardi. Cesare e Dio insieme hanno già combinato abbastanza guai, e sperare senza cambiare non è più solo una utopia, ma una consapevole vigliaccheria.

Siamo tutti diversamente naturali, punto! E quando si mette il punto, dev'essere punto! Non è ammissibile aprire continuamente finestre per far entrare aria putrida che puzza di marcio, spacciandola per aria pura e naturale. Niente è naturale, niente è più naturale ormai, ma tutto è naturale se partiamo da quel punto di partenza dove tutto si è generato, e quel punto, lontanissimo nel tempo, non si chiama Bibbia - gesta epiche -, si chiama chimica e fisica o altro che dir si voglia o che dir ancora non si conosca, ma non Bibbia. Tutto ciò che sta su questa microscopica pallina è per sua naturale logica, che ci piaccia o meno, naturale in tutte le sue moltissime sfaccettature, diversità e originalità, ma è tutto frutto di un'unica Madre Natura. Smettiamola di perdere tempo per inutili discussioni e concentriamoci per far sì che ogni forma naturale di vita, viva in armonia con altre forme, casomai, diversamente naturali. La nostra cecità e miopia culturale non ci autorizza a trarre conclusioni presunte “corrette” a scapito di altre non presunte tali, quasi sempre per astrusi e strumentali scopi di indottrinamento ideologico, sia religioso che socio-politico. Con la Natura non si scherza, non si gioca, non si prende la parte per una certa idea di natura a scapito di un'altra idea di natura basandoci sulle percentuali ufficiali riportate sui registri dei matrimoni stipulati con la chiesa. Queste percentuali non fanno testo, o fanno testo solo di giorno perché di notte le percentuali si sovvertono.

Natura e naturale equivalgono a libertà e liberale, e nessuno su questa terra, su questa piccolissima pallina, ha il diritto di cambiare le carte in tavola; anche perché queste non sono carte che si possono cambiare. E' proprio il caso di dire a tutti, di gridare in faccia a tutti: Fatevene una ragione, e smettetela di rompere le palle!

La realtà che non si vede si percepisce come qualcosa di non reale, di non vero, perfino di innaturale. La realtà che non si vede esiste però tanto quanto tutto quello che percepiamo e consideriamo – accettazione - come vero, come naturale. Per questo la realtà che non si vede e che ci è sconosciuta, esiste comunque ed è parte integrante di tutto il nostro scientifico conoscibile. Appunto, “reale” percezione del vero in quanto limite personale del nostro conoscibile, quindi una idea di realtà – naturale - mai compiuta, sempre parziale e mai vera del tutto, per questo mai accettata.

Ma la realtà vera che non si conosce, e che noi diamo, per becera comodità nostra, come assente, e per questo irragionevole, viene percepita come dannosa, sbagliata. La realtà che non si conosce è solo una realtà nascosta, o più precisamente ignota, ma pur sempre vera in quanto esistente, quindi vera, sincera, appunto, in quanto naturale e per questo mai dannosa nella sua naturale essenza e giustificata esistenza, anche se minoritaria nel suo naturale modo di manifestarsi. Una cosa è naturale in quanto esiste, e se una cosa esiste, e l'essere animale – uomo compreso – ne beneficia traendone benessere, fosse anche solamente e limitatamente di tipo sessuale, tutto questo è cosa buona e giusta.

In conclusione, anche il concetto che abbiamo del reale ha le sue chiavi di lettura. Queste letture vanno seriamente considerate, capite e digerite. Solo di conseguenza il reale ci appare nella sua totale esistenza come naturale. L'interconnessione tra ciò che crediamo vero, e per questo accettiamo senza opporre resistenza, e tutto ciò che non conosciamo e crediamo sbagliato, e per questo respingiamo, ci può aprire gli occhi per una miglior vita nostra e altrui. Capito e accettato questo, il resto sono stupidaggini buone solo per essere mercanteggiate sui sagrati delle chiese, luoghi dove da sempre, si usa mercanteggiare su tutto. Il 03/10/2022 viene assegnato il Premio Nobel per la Medicina al biologo e genetista svedese Svante Paabo. Cosa ci dice in sostanza la scoperta di questo insigne scienziato, che noi Sapiens abbiamo ereditato il cervello dei nostri progenitori esistiti oltre diecimila anni fa. In sostanza e per la buona pace dei sovranisti di balzane ideologie, che noi, uomini di oggi, ci portiamo ancora appresso il cervello dei nostri avi primitivi, il quale cervello aveva come abitudine quella di “pensare”, o meglio di farci agire, solo per cacciare, mangiare, difenderci, fare di tutto per sopravvivere, e per fare tanto sesso. Ci dicono che il sesso si faceva per procreare, ma anche il concetto della procreazione di allora non era di certo uguale a quello che gli abbiamo voluto imporre noi. Noi, uomini più evoluti grazie a un cervello più nuovo da un lato e rimasti, almeno in parte, ancora ominidi dall'altro, con ancora tanta voglia di agire ancor prima di pensare.

E' possibile definire il tempo? Cos'è il tempo?
Il tempo è come l'amore, è più un concetto che una distratta e sbrigativa definizione.
Il tempo non ha tempo, va contro sé stesso e si anticipa allo stesso tempo.
Il Tempo non porta l'orologio al polso, perché il tempo è disinteressato a sé stesso.
Il Tempo è sempre foriero di verità e giustizia, se lo si considera coscientemente.
Il Tempo non è un singolare, ma è il plurale di tanti unici e meravigliosi singolari.
Il Tempo va oltre il tempo stesso: Io fui stato, ora io sono, ma non so se io sarò.

Tutte le differenze che ci dividono da vivi muoiono congiuntamente insieme a tutti noi.

La libertà è libera solo quando nessuno la impone.

Oggi io sono stressato. Stressato per essermi permesso di riprendere un ragazzo maleducato e incivile che ha parcheggiato lo scooter di traverso sul marciapiede all'angolo della macelleria equina dell'amico Andrea, un macellaio folle, follemente innamorato del suo lavoro. Lo scooter così parcheggiato, impediva alle persone di passare, costringendole a fare il giro sulla pista ciclabile.
Io sono stressato dall'inciviltà delle persone che non riesco più a giustificare e accettare. Io sono stressato dal qualunquismo che dilaga sempre più tra le persone inebetite dalla frenesia di una vita che sempre più è priva di ogni benché minima forma di buon senso. Inconsapevoli esseri che vivono allo sbaraglio e alla mercé di un sistema che ha mangiato e distrutto tutto, compreso la mancanza di ogni consapevole consapevolezza di essere e di fare parte di una comunità.
Rimprovero un giovane che si è comportato male in pubblico – suolo pubblico -, e mi prendo dello stressato, del frustrato e, in mancanza di argomenti, un bel e definitivo: Vai a cagare!
Io sono stressato, può essere, stressato dall'avere intorno persone come te. Io sono stressato, ma tu cosa sei, povero imbecille!

E poi io dovrei mantenere la calma, andare a casa e dedicarmi all'arte. Immaginate lo stress vero che mi porta a vivere questa vita, la vita di oggi. Una vita vissuta in un mondo fatto di nobili ideali e nobili concetti – il mio mondo -, e un mondo - il mondo degli altri - sempre più inutilmente complicato e insopportabilmente disordinato, composto da esseri viventi non più pensanti che ti alitano addosso odori nauseabondi con inutili parole prive di profumo, di senso, e di prive di gusto. Malgrado tutto questo, Mauro Pavan non molla, tiene botta e va sempre avanti, per la sua strada ben inteso. L'arte si nobilita con il fare intelligente di proporre sempre ricette nuove, non importa se ben riuscite, in questi casi ci si riprova, ma mai cuocendo e presentando i soliti minestroni. Così come un sacco vuoto sta in piedi solo se è ben pieno, cosi un artista sta in piedi nel tempo, se ha saputo riempire per bene la propria vita di interessanti e solide esperienze. Per i premi e le onorificenze c'è sempre tempo. Meglio tardi, pochi, buoni e meritati, che presto e tanti per l'insensato piacere di riempire frettolosamente i volumi vuoti del proprio stupido ego. Liberarsi dalla fatica del vivere è una festa ( Cit. Francois Villon ) Avere una coscienza significa essere consapevoli di ciò che si è e di ciò che si vuole fare da grandi; come e cosa fare – diventare -, sarà la coscienza stessa a farcelo sapere al momento opportuno.

Dire di avere una coscienza di per sé non significa nulla; la coscienza si manifesta quando gli altri – anche gli altri - percepiscono netta la tua consapevolezza di stare in equilibrio con te stesso e – anche - con loro. L'equilibrio di una consapevolezza matura si confronta e si rispecchia in tutto ciò che ci circonda, palesando in questo modo il livello gerarchico della nostra coscienza.
La coscienza che ciascuno di noi ha, è il prodotto del grado di consapevolezza – maturità - che ciascuno di noi si porta dietro come bagaglio personale acquisito nel tempo, grazie alle conoscenze e le esperienze fatte.
Maggiori sono le esperienze fatte, tutte le esperienze possibili e anche immaginabili, maggiore è la consapevolezza di avere una coscienza solida. Una coscienza solida aumenta l'autostima e aiuta a stare in equilibrio e in armonia con gli altri, tutti "gli altri".
Questo porta l'uomo che ha una buona e solida coscienza - carattere, personalità - verso traguardi altrimenti inimmaginabili e inarrivabili.
Le tante esperienze fatte servono per arrivare, a maturità avvenuta e certificata, a fare una sintesi pulita e onesta della propria coscienza. Una equilibrata gerarchizzazione, purificata da tutto ciò che decidiamo di archiviare, di mettere in secondo piano – buona e matura consapevolezza -, ci aiuta e diventa fondamentale per capire quanto sia importante avere una coscienza consapevole; una sorta di fede propria, di stella polare che ci guida verso tutto ciò che noi percepiamo come giusto. Segui il manuale e capirai se hai fatto la cosa giusta; non c'è possibilità di sbagliare, garantito!

Io lotto da anni per avere e consolidare una mia fede, ma il giusto percorso da fare è lungo e faticoso. Sento di essere sulla strada giusta, ma avverto anche la lunga distanza che ancora mi separa dalla meta. Per questo cerco faticosamente e affannosamente di perseverare quotidianamente mettendoci sempre il massimo dello sforzo. Più inseguo questa meta, più aumenta il distacco dagli altri. Più mi distacco dagli altri, più mi avvicino ai miei altri "Io"; e in tutto questo già faticoso cammino, il senso di colpa – a prescindere – mi rema contro, e più mi rema contro e più mi è chiaro come affrontarlo. Il senso di colpa è così potente, così devastante e allo stesso tempo così di aiuto, che per come la vedo io promuoverei il senso di colpa a divinità riconosciuta ufficialmente e consacrata da Dio come un vero altro Dio. Trovare il modo di mettere a tacere il senso di colpa equivale a trovare l'elisir di lunga vita; credo sia molto difficile, ma non impossibile. Se il senso di colpa non esistesse, questo significherebbe fare del male pensando di aver fatto del bene, o peggio ancora, fare del male senza nemmeno rendersene conto, magari vantandosene pure. Il senso di colpa fa parte dell'immenso universo che sta dentro la nostra coscienza , come un meteorite che sta lì e continua a girare introno a noi “insignificanti esserini “, come una sentinella, pronto a dirci quando stiamo per andare a sbattere contro altri “insignificanti esserini”. Non siamo costretti, perché nessuno ci costringe ad ascoltarlo, ma allo stesso tempo è impossibile non farlo; a meno che non si usi la formula magica che lo metta a tacere per sempre: la morte. La morte la possiamo gestire solo quando la viviamo. Solo allora la coscienza si rivela nella sua ambivalente e totale potenza, che può essere devastatrice, nel senso che ci condanna definitivamente, o assolutrice, nel senso che ci permette di vivere l'esperienza della morte facendoci conoscere la gentile divina potenza della pace eterna.

A pensarci bene non credo di aver mai provato invidia per il successo meritato di qualcuno, ma rabbia sì, per il successo facile ottenuto per mezzo di facili compromessi tra una persona diversamente capace e un altra diversamente autorevole e opportunista. Spesso troppo ingenua e sprovveduta – diversamente sveglia – la prima e troppo spesso, quasi sempre troppo furba – diversamente interessata – la seconda.

Per chi ancora non l'avesse capito, le cose funzionano così: Più sei stupido e ingenuo tu, più sei ambizioso e danaroso tu, più io ti dico che diventerai famoso, e per questo tu mi pagherai tanto e spesso, facendomi diventare sempre più ricco. Più io ti incenso, più tu mi paghi.

Questa la “filosofia” di/della/alla Vanna Marchi che , a quanto pare, ha fatto scuola a tutti, entrando di prepotenza – prepotenza e arroganza, conditio sine qua non – anche nel mondo dell'arte. Io ti prometto gloria e fama, e scrivo che quello che fai è bellissimo e unico, e tu in cambio mi paghi. Una caramella tira l'altra, una patatina tira l'altra, così come un diploma e una targa del cazzo senza alcun merito e senza uno straccio di cazzo di niente, tirano altri diplomi e tanti altri inutili oggetti e recensioni del cazzo. Così sono spuntate, come spuntano i funghi in autunno, associazioni, enti, ex galleristi e improvvisati e fantomatici critici d'arte. A tal proposito non posso esimermi dal menzionare l'avvocato radiato dall'ordine – non serve fare il nome - che, pretendendo di entrare nel mondo dell'arte passando dalla porta principale, è stato doverosamente buttato fuori a calci nel culo e ora staziona sui marciapiedi delle stazioni a vendere quel poco di fumo – pessimo fumo da non comprare mai - che gli è rimasto. Quando l'arte viene bistrattata con troppa inconsistente supponenza e mercificata senza un minimo di rispetto, l'arte si ribella e ti manda dritto a fare in culo. Questa la fine di quel poveraccio di avvocato presuntuoso, insopportabile, inascoltabile e maleducato, che ha fatto la fine che meritava.

L'avanzare dell'età aiuta a diventare più saggi solo se da giovani si è stati almeno un poco stupidi.

Stupido no di certo, almeno nel mio caso, ma certamente tanto ingenuo, in quanto troppo sognatore e utopista sì, lo sono stato e lo ammetto. Crescere in un contesto familiare – diversamente normale – quando ancora ci si poteva permettere il lusso di sognare di tutto a occhi chiusi, perché il periodo storico lo permetteva e nessuno te lo impediva, beh, deve avere contribuito fortemente a farmi credere che tutto fosse facilmente fattibile. A cinquant'anni mi è stato presentato il conto, salatissimo peraltro e, non potendolo saldare coi soldi, l'ho dovuto pagare con la pelle, e ancora lo sto pagando. Ripiegandomi su me stesso, abbassando la testa e lo sguardo, e capendo che avevo ancora un poco di margine per ricrearmi un mondo nuovo, fondato su pilastri ancora più solidi, delegando di più e meglio chi ne sa più, questa consapevolezza conquistata sul terreno di battaglia, mi ha insegnato a prendere la vita per le corna. Tutto questo mi ha fatto crescere e mi ha completato – la terapia non è del tutto terminata – come uomo e come pittore. Stare da solo, dedicarmi all'arte e meno all'inutilità di tutto il resto che mi circonda, persone comprese, mi ha permesso di prendere possesso del mio corpo e della mia mente, e di maturare una mia coscienza. Dal punto di vista umano mi posso ritenere abbastanza soddisfatto, ma dal punto di vista artistico sento che devo fare ancora tanta strada. Avrò il tempo che mi serve per percorrerla tutta fino in fondo? Non lo so, non credo, il tempo, come si suol dire in questi casi, non è mai abbastanza. Ma sono contento del percorso che ho fatto fin qui, perché mi sento maturo, ora mi sento davvero maturo e pronto per aprire una scuola tutta mia.