Qoviddi 20/1

nasce così, per caso, ma anche no

Raccontato dall'autore

Chiariamo subito che questo titolo non significa nulla. La banalità di questo titolo è strettamente legata alla banalità del vivere e del sentire comune che sta imperversando da anni in questo mondo e, soprattutto, in Italia. Un'espressione dialettale palermitana diventata virale, che in questo caso ci sta tutta. Una frase uscita dalla pancia di una donna qualunque, diventata per questo famosa e importante. Beata lei, poveri noi!

Anche questo è astrattismo!

Q non C

Q = Quadro

Q = Qadrato

Q = Qualunque

Q = Qualunquismo

Q non Quaquaraquà

Cammello come Mondello, che tutto vale tanto. Che tanto, in Italia, col niente si fa tutto.
In Italia si mangia di tutto, non si butta via niente.

Frasi dettate non solo dalla mente. Frasi che nascono così, per caso, tra settembre e ottobre 2020.
Frasi che, forse, dicono più di tanti discorsi lunghi e spesso ingarbugliati, che difficilemnte risultano comprensibili, tanto sono incomprensibili.

Col poco si fa tanto, col niente si fa tutto, e adesso è tutto più chiaro.

Non solo arte.

Qoviddi 20/1 nasce così, per caso, ma non troppo casualmente. Per caso non accade nulla, e quando accade, in arte, ce la siamo cercata e voluta, spesso, sudata, parola di pittore. Per l'arte ci si piscia sotto, tanto vorresti finire in fretta quel che stai facendo, e ti masturbi, per non perdere altro tempo.

Tra il serio e il faceto, il mondo va vissuto dritto ma visto al rovescio.

Non solo arte.

Non solo fede, no, non solo fede, no, per l'amor di Dio.

L'artista non ama il cambiamento, perché cambiare significa guardare in fondo alla propria anima con sincerità mettendo in contesa se stessi e la propria vita. Bisogna essere coraggiosi per farlo, avere grandi ideali. La maggior parte degli artisti preferisce crogiolarsi nella mediocrità e fare del tempo lo stagno della propria esistenza.
Mauro Pavan con il fondamentale contributo di Erasmo da Rotterdam.

Purtroppo tutti parlano e, purtroppo, tutti sono obbligati ad ascoltare.

La buona educazione è il bene più prezioso che abbiamo. Io mi domando perché sia così poco insegnata. Pensare che è una materia prima che non costa nulla.

Mi sento un verme, consumato dentro, ma a Dio piacendo, spero di essere per lui ancora una buona mela.

Mi pento e mi dolgo delle mie mancanze, perché mancando ho meritato di sentirmi un verme. Poi ci ripenso, e mi dico che i vermi non fanno esame di coscienza, allora ritorno a sentirmi un uomo, malgrado tutto.

Perché credere in un Dio, quando possiamo credere più ragionevolmente in noi stessi, dopo aver superato tutti gli esami di Stato s'intende!

Chiedere perdono a Dio è troppo comodo, ci dispensa dai nostri mea culpa. Chiedere l'assoluzione al prete poi, lasciamo perdere che è meglio.

Gli Dei si rispettano, i santi si ammirano, i buoni si stimano, mentre i coglioni si succhiano e poi si sputano fuori.

L'astrattismo è oggi l'unica forma di pittura che può ancora esprimere qualcosa che valga la pena di essere esaminata. Tutte le altre considerazioni non fanno parte del programma di quest'anno.

Concentrarsi su di sé significa delimitarsi per meglio comprendersi. Attenti a non travisare le parole, si corre il rischio di impazzire.

Riuscire a comprendere e a difendere i nostri limiti, ci aiuta a comprendere meglio cosa gli altri si aspettano da noi.

Chi ama se stesso non sente il bisogno dell'approvazione altrui. Chi si adora si accontenta di tenere puliti gli specchi che trova in giro.

Assorbire continuamente le troppe negatività che arrivano da fuori, limita considerevolmente le possibilità di far emergere il buono che c'è in noi. Questa riflessione mi riguarda molto da vicino. Devo imparare ancora molto!

Dicono che se dormi non pigli pesci, ma dopo una bella e lunga dormita hai la carica e l'energia di un peschereccio stracolmo di pesci.

Sentite cosa scrive di sé il pittore Giulio D'Anna negli anni '40 del secolo scorso. Ho scoperto questo pittore per caso. Un amico, Claudio, venuto a contatto con un suo dipinto, rimasto molto bene impressionato e interessato all'acquisto, mi ha fornito gli estremi necessari per avviare una ricerca su questo artista, con lo scopo di verificare l'ipotetico valore di una sua opera del '35, un olio su tavola di piccole dimensioni. Ho scoperto un mondo nuovo, o meglio, quel mondo lo conoscevo bene, si chiama Futurismo, ma ho scoperto un suo interprete siciliano di tutto rispetto, di notevole spessore, di notevole valore artistico: Giulio D'Anna.

Scrive il pittore ad un amico:
Caro Palumbo,
aderisco con piacere al tuo invito di scrivere qualcosa su me e sulla mia pittura. Credo che ben poco abbia da dire. Non ho mai frequentato accademie di belle arti essendo convinto che queste sfornino annualmente buoni insegnanti e non artisti. Da solo ho imparato a dipingere. Mi sono sempre occupato di conoscere le varie tecniche e penso di esserci riuscito, avendo partecipato alle mostre nazionali ed internazionali senza il sostegno dei così detti “pezzi grossi”.
Se l’arte è creazione, cioè lavoro di fantasia, la mia arte c’è in pieno. Le mie idee sull’arte sono limpidissime. Ammiro moltissimo la fotografia come invenzione ed è per questo che nella mia arte non ho mai lontanamente tentato di fare concorrenza a tanto rispettabile invenzione. Le mie figure, le mie case, i miei paesi sono tutti inventati, non avendo nulla a che fare col “vero”, e, malgrado io sia ammiratore della natura, la mia arte non è mai stata da essa timorata.
I colori? I colori sono quelli che a me piacciono e che mi vengono suggeriti dalla mia sensibilità. Nessun preconcetto ha mai turbato il mio lavoro. Di volta in volta la materia stessa mi ha suggerito la tecnica.
Ti confesso ancora una cosa: non ammetto la funzione del critico, se questo sconosce i problemi tecnici dell’arte, sia essa scultura, sia pittura. Arriva, il critico, ad opera finita. Spesso tutto quello che egli dice è un di più, appesantisce l’opera, ne deforma il contenuto. Raramente il critico risale alle origini per seguirne a passo a passo il progredire e il completarsi di essa.
Odio lo snob artistico. Odio le zazzere e le cravatte a svolazzi, la barba e le macchie di unto sui vestiti. Odio le “distrazioni” volute dei così detti “artisti”. Mi propongo di fare ancora molto per l’arte. Auguro un mondo di cose alla Vostra rivista, con cordialità credimi

Giulio D’Anna


"Artisti che si confessano", in “Terra del sole”, 1 agosto 1947

Cosa volete che dica dopo aver scoperto questo pittore e letto queste parole? Mi chiedo se questo pittore non fossi già io, in una delle mie vite precedenti. Ma vi rendete conto di quanto sia importante per un vero pittore amare l'arte sopra ogni cosa, con passione, impegno, sacrificio e, soprattutto, con tanta onestà e umiltà. Tutto quello che vado dicendo da anni, me lo ritrovo scritto papale papale, punto per punto da un collega siciliano che ha prodotto tantissimo a partire dagli anni '20 e '30 fino alla sua scomparsa nel 1978. Io, quando D'Anna morì, mi ero diplomato da un anno. Meraviglia, davvero musica per le mie orecchie sentire un pittore atudidatta e davvero bravo che aveva capito tutto, molto prima di me. Ringrazio l'amico Claudio per avermi dato la possibilità di scoprire questo eccellente pittore, meno noto di Depero, ma non di tanto meno bravo di lui.

Sabato 26 settembre 2020 ho trascorso tutta la giornata a Firenze in occasione della presentazione dell'Annuario Internazionale d'Arte Contemporanea 2020 pubblicato da Mondadori. Il personaggio di spicco presente a questo evento è stato senza dubbio il prof. Vittorio Sgarbi. Il suo intervento, durato all'incirca 40 minuti, si è diviso in due parti, la prima di 20 minuti per parlare del Corona virus, e la seconda a parlare di “arte”. Quando dico che Vittorio Sgarbi ha parlato per 20 minuti di arte, non intendo che abbia parlato di arte in senso stretto, no, ma ha parlato con estrema franchezza, con sfacciata e altrettanto onesta franchezza di quanto siano imbecilli i pittori che si credono artisti e che spendono continuamente soldi per partecipare, più o meno inutilmente, a questo o a quell'evento espositivo. Senza tanto girarci intorno, questa la sintesi del suo intervento. Ovviamente, tra questi imbeclli, beninteso, ci sono anch'io. L'importante è di esserne consapevoli, e io sono perfettamente consapevole di questo, di essere un povero, ma solo mezzo, imbecille. Attratti più dal nome di chi organizza, dal luogo prestigioso, da quattro stuzzichini da mettere sotto i denti per riempirsi la pancia (a Firenze ho visto uno che sembrava non mangiasse da mesi), e buon vino che non manca mai. Una foto di rito con il critico famoso (critico che manco sa con chi sta facendo la foto e manco gliene fraga di saperlo, tanto gli farà cagagre il lavoro davanti al quale è costretto a farsi fotografare), quattro stupide ed inutili parole che si scambiano tra i presenti, tutti presi dal mostrare le proprie schifezze, rottura di palle a mille, e poi, a questo punto, non vedi l'ora di scappare via da tutto questo niente. Questo il mio riassunto su quanto accaduto, visto e toccato con mano a Palazzo Ximenes Panciatichi a Firenze sabato 26 settembre 2020. Lasciamo stare i commenti di Sgarbi sul “Coviddi”, che tanto: “di Coviddi, a Mondello non ce n'è”. Commenti che non mancano, peraltro, di un certo interesse per riflessioni di carattere strettamente personale. Ed è più Mondello la sede per parlare di Covid, non Firenze, non oggi. Riflettiamo piuttosto su quanto da lui detto in merito a queste manifestazioni di carattere artistico-culturale, che hanno il merito di coinvolgere moltissimi aspiranti artisti. Il suo commento, lucido in una maniera impressionante, spaventosa, fa pensare ad una mente estremamente lucida e diabolicamente consapevole del male che sta facendo. Un male che, essendo diabolico, viene diabolicamente edulcorato da ragionamenti diretti a far capire a tutti che se sei lì presente, in qualità di povero cristo, non vali niente, ma se non ci sei non potrai mai sperare di valere qualcosa. Interessante dai... Tra il “Coviddi”, il salame e la mortadella che non mancano mai, i tarallucci e il buon vino, dalla groppa di un cammello, ci sta anche il mio: Vaffanculo!
In conclusione ti senti cornuto e mazziato allo stesso tempo, seduta stante. Cornuto perché ti senti dire che non vali niente, forse proprio perché sei lì, che sei e che resterai una nullità, molto probabilmente, ma allo stesso tempo che se non sei lì presente a fare il fesso e a farti prendere per il culo, non potrai mai sperare di diventare qualcuno. In questo modo, aspirando tutti (e sono migliaia di migliaia gli aspiranti artisti, di ogni settore intendo), a diventare per lo meno qualcosina, tutti si rendono disponibili a cacciare una montagna di soldini ogni anno. Mediamente per partecipare e tre eventi importanti si spendono all'incirca € 3.000,00, senza contare che se vuoi una critica specifica di chi la sa lunga su tutto, “Coviddi” compreso, ne devi cacciare altrettanti. Questo al netto di tutte le altre spese di spedizione e di rappresentaza, e così facendo il carrozzone degli aspiranti artisti si riempie come si riempiono i treni indiani. Si riempie di soldi, si riempie di merda spalata in faccia direttamete da chi poi si va incensando, e si riempie di un sacco di poveri cani che poveri cani restarenno per sempre, magari mangiandosi fuori tutto per essere stati pubblicati sul catalogo X, Y o Z. A proposito, oggi, 30 settembre 2020, mi è arrivato l'ennesimo invito per partecipare alla pubblicazione con una pagina su questo Editoriale Giorgio Mondadori L'arte in quarantena, il catalogo più prestigioso del 2020; così c'è scritto.

Altro vaffanculo!

Roba da matti.

Roba da soldi e soldatini.

Roba da Coviddi, appunto.

Tutta fuffa.

Nient'altro che fuffa.

Sempre la solita fuffa.

Ma dico io, è mai possibile che si sia potuto e lasciato fare, creare e sviluppare questa sorta di truffa legalizzata che spenna quotidianamente migliaia di migliaia di persone che nutrono sì la voglia, il desiderio di farsi notare, di emergere, ma che ignorano completamente la truffa mascherata da “evento culturale” che si nasconde dietro a questa messa in scena? Gli artisti e gli aspiranti artisti, moltissimi dei secondi e pochissimi dei primi, che si affidano a queste “associazioni culturali”, in mano ad editori senza scrupoli, promotori di eventi culturali diventati tali per fare altro, gente col pelo sullo stomaco che dicono e giustificano tutto pur di raccogliere su di tutto, fregandosene poi di fare per bene la raccolta differenziata. Gente senza scrupoli che salva capre e cavoli perché tanto costano i cavoli e tanto le capre, queste persone andrebbero fermate tutte subito per mezzo di un DPCM con effetto immediato. Soldi, soldi e ancora soldi, tutto il resto conta davvero molto molto poco. Hai soldi e puoi pagare per essere pubblicato dove vuoi, quando vuoi, tutte le volte che vuoi? Ebbene, prego si accomodi, sei il benvenuto, la selezione per lei è già fatta, è già approvata, nel senso che, chi è lei e cosa fa lei, poco ci interessa. La sua selezione è andata a buon fine, ops, volevo dire il suo bonifico è arrivato nei tempi stabiliti, ok, è ammesso! Siamo nel 2020 e ancora, nei vari contenitori dell'immondizia, si raccoglie e si trova di tutto; a volte si è perfino fortunati, si trovano prodotti non ancora scaduti, ancora buoni da consumare. Dicono che con l'immondizia ci si arricchisce, ora mi è tutto chiaro. Io produco il pattume e, visto che il mio pattume non so dove buttarlo, sono disposto a pagarti affinché te ne occupi, considerato che, da pattume, tu me lo puoi elevare ad immondizia. Io ti pago e ti porto il mio pattume e tu, in compenso, lo raccogli e lo tieni nel tuo deposito più o meno differenziato. Mi racconti che dal mio pattume possono nascere i fiori, ma poi, dopo un tot di tempo, mi racconti che nessuno l'ha voluto e che i fiori non sono nati. Questo quello che mi racconti tu. Pazienza, ritenta un'altra volta, mi dici, e continua a portarmi il tuo pattume con la speranza che la prossima volta passi qualcuno e si dimostri interessato. Perché ogni tanto, mi raccontate, che qualche fiore nasce, qualche fiore spunta fuori. Se io tengo il mio pattume in casa non posso farlo esaminare, e nessuno può dirmi se nel mio pattume ci può essere dentro qualcosa di buono da riciclare, quindi sono costretto a tornare da voi, pagarvi affinché vi prendiate il mio pattume per sentirmi dire ancora una volta che la prossima volta sarà migliore della precedente. Io pago, voi vi ingrassate, io mi ingrasso di autostima e debiti, ma tutto per me resta come prima, come sempre. Mentre per voi tutto cambia, tutto aumenta, tutto si gonfia, compreso il vostro uccello mentale. Complimenti! Che schifo! Che mondo! Che delusione! Che rabbia! Che voglia di scioperare e ribaltare la situazione. Che voglia di ritornare a fare cultura con la “C” maiuscola. Voglia di creare un vero sindacato degli artisti, fatto da artisti a tutela degli artisti, ma anche dei presunti tali, in qualità di persone.

Ridateci i nostri spazi, ridateci le vere selezioni, ridateci i nostri veri meriti e demeriti anche. Ridateci, per favore, la nostra dignità di persone e di artigiani della creatività. Chi se lo merita resta e va sostenuto, chi non se lo merita va invitato a fare dell'altro. Chi stabilisce questo? Tutti quelli che come me hanno sacrificato la vita allo studio e hanno imparato, perché gli è stato insegnato, che il bello e il brutto esistono e si possono individuare benissimo, è sufficiente applicare le regole del manuale scolastico. In soccorso a questo arriva anche l'esperienza. Credetemi, si può fare, altro che balle!

Etica e arte.

I cosiddetti critici d'arte, spuntati fuori negli ultimi anni come e più dei funghi porcini, per favore, stiano da parte, stiano in silenzio ed imparino, anche, ad ascoltare gli artisti. Gli artisti sono i veri e i principali attori di ogni evento espositivo, non i critici e i curatori di bla bla bla...

Gli artisti sono i veri protagonisti dell'arte, non i critici e men che meno i curatori dei portafogli altrui.

Si curassero la mente, i curatori, e si guardassero allo specchio senza farlo sciogliere dalla vergogna, i critici.

E' più proficuo parlare da soli che dialogare con persone incapaci di comprendere il significato delle parole che usano. Queste persone mi hanno scassato la minchia.

La serenità è più importante della felicità, una volta trovata, la serenità è per sempre.

Se da piccolo hai sofferto molto, anche da grande senti il bisogno di soffrire per sentirti diversamente bene. Il virus della sofferenza non è trasmissibile e chi conosce la tua patologia, ti evita e tu resti solo. Solo con te stesso, solo con la tua arte, la tua musica, i tuoi libri, solo nel tuo mondo. Questa, però, non è vera solitudine, è piuttosto la vita mella sua pienezza che si manifesta in te. Se sei furbo, non curarti mai del tutto, è sufficiente fare un controllo ogni tanto.

Ci sono momenti in cui ti sforzi di pensare, ma niente, non esce niente, buio totale. Allora lascia stare, meglio cantare, col canto si accende tutto.

Chi si crede onnipotente tende a sostituire l'azione col pensiero, rischiando di sovraccaricare inutilmente il cervello.

Pensare è un'arte, ma se manca una buona educazione del pensare, il ragionamento va per conto suo, si appannano le idee e si va dritti a sbattere.

La superbia si contrasta con l'ignoranza. Tra loro si capiscono benissimo e trovano sempre un modo per andare d'accordo.

“Vivere di arte” è un concetto che solo un vero artista può capire. Per tutti gli altri non significa nulla.

La società si divide in tre categorie, la prima è rappresentata dalla massa, dalla gente comune che lavora onestamente e che poco si impiccia e s'intende di altro, peraltro, senza far danno. La seconda è rappresentata da pochi, molto buoni, originali e autentici, davvero unici. La terza è quella più indecifrabile, composta per la maggioranza da troppa gente saccente, professori di tutto e professori di niente, financo inutili, i peggiori.

La conoscenza della cultura artistica presso i cosiddetti “intellettuali” è molto scarsa, e si nota.

A proposito di queste ultime due frasi, annotate quest'estate sul mio block notes mentre mi trovavo sul lago di Garda, ho avuto modo di constatare qualche sera fa che, da tempo ormai, lo storico e critico d'arte Federico Zeri, le aveva già dette, suppergiù allo stesso modo mio. Io ne ho preso atto, e per questo lo cito volentieri, ascoltando un'intervista mandata in onda da Rai Storia in occasione dell'anniversario della sua morte la sera del 5 ottobre di quest'anno. Queste frasi esprimono più dei veri e propri concetti, che non un pensiero fine a se stesso. E, in quanto concetto, è proprio l'essenza e conoscenza della cosa stessa, al di là della mutevolezza degli usi e dei costumi nostri.

Anche per Hegel il concetto è l’essenza stessa delle cose, ma il vero concetto, sempre per Hegel, come determinazione logica e reale al tempo stesso, va distinto dal concetto in quanto espressione puramente astratta, non frutto di una ragionevole ragione, ma più astrattamente frutto dell’intelletto.

Astrattismo di masturbazione allo stato di psicopatia pura. Ecco cos'è il vero astrattismo in arte. Non è niente, per questo e solo per questo, è tutto. E lì, voglio arrivare io.

Non solo arte

L'umiltà è necessaria e sempre ben quotata, quanto la spavalderia di possederla si fa intelligenza nel non mostrarla.

L'uomo ha creato Dio, per questo Dio non ha potuto fare altro che vivere e morire da uomo. Parola di Dio.

L'arte ha permesso all'uomo di non sentirsi più inferiore a Dio.

Avere un'anima significa avere la consapevolezza di possedere qualcosa che ti rende consapevole di essere qualcuno.

Quando si invecchia si pensa di non poter più fare niente, di non servire più a niente, ma non è vero. Da vecchi si fanno molte cose che da giovani era impossibile fare. Amare, per esempio, amare col cuore e non solo con quello là.

Essere speciali significa essere diversi da tutti. Essere diversi da tutti non significa essere per forza speciali.

Io vedo cose che non esistono ancora. Io vedo cose che si materializzano solo se io decido che possano esistere. Io sono il creatore del mio universo, un universo che va oltre il cielo e la terra.

L'immensità dell'universo, per un artista, sta nell'immensità della sua mente. L'anima lo gestisce e lo manifesta per mezzo della sua arte.

Se al parlare non segue il fare, almeno taci che è già un buon fare.

Per un artista, sacrificarsi per fare ricerca, è come per un padre pensare al futuro del proprio figlio. Non ti resta molto tempo per pensare ad altro.

Il desiderio sfrenato di innamorarmi, indica quanto mi manchi la possibilità di ritornare a dipingere al più presto. Trova il modo di dipingere sempre e ti sentirai sempre un single soddisfatto.

Mi sono sempre sentito inadeguato a tutto, anche a far sesso, ma nel dipingere no, lì mi sento come un toro molto attivo.

La Bibbia, tanti testi scritti da tante mani, da tante teste, in tanti posti diversi. Un libbro che nemmeno Dio sarebbe in grado di capire.

In questi giorni Papa Francesco ha ripreso la frase del Vangelo che dice di dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio. Ma dico io, é mai possibile sentire un Papa di oggi, pronunciare una frase tanto sfacciatamente “moderna” e, allo stesso tempo, tanto sfacciatamente “antica” come questa? Una frase coniata duemila anni fa con la lungimiranza che solo alcuni uomini, i soliti furbetti di un quartierino ebraico, potevano inventare per assicurarsi in eterno il reditto di cittadinanza con l'aggravante della circonvenzione di incapaci. Un Papa che ricorda oggi ai fedeli (domenica 18 ottobre 2020) di pagare le tasse, o è alla canna del gas, oppure ha bevuto e manco lo sa. Ma dico io, un Papa che deve ricordare ai suoi fedeli di pagare le tasse, di dare a Cesare quello che è di Cesare, ma dico io, ma che percentuale prende da Cesare questo signore che rappresenta Dio in terra? Dico io, a quanto pare ci siamo fatti fuori anche la poca frutta che era rimasta. Sì perché in tutti i vangeli in cui viene riportata questa genialata, compreso quello di Tommaso, in tutti i casi, alla fine di tutto, chi ha posto la domanda se ne va via ammutolito. Così, come ammutoliti sono rimaste per millenni le persone che hanno pagato a uno e all'altro senza capire bene la differenza. Che confusione, ma non perché ti amo.

Ormai il danno è fatto, e questo non ben specificato “dare” a uno e all'altro, ha fatto la fortuna di entrambi, ma ha costretto in povertà il vero Dio, ormai ridotto alla frutta, dimenticato da tutti. Povero Cristo!

Mercoledì 21 ottobre, il Papa ci ripensa, ci riflette sopra meglio e capisce che, se si accreditano anche i gay, l'8xmille alla chiesa cattolica aumenta. Nelle casse del Vativano entrano più soldi, detto papale papale.

Tutti parlano della lungimiranza e modernità di questo Papa, io mi stupisco della sua arretratezza agonistica. Quando arriva il Papa, le guerre e i morti ci sono già stati. Il sangue di tanta povera gente è già stato versato. Chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato, scurdámmoce 'o ppassato, Simme 'e Napule, paisà! Amen!

Ora, oggi 22 ottobre, sono già proiettato con la mente dentro al prossimo lavoro che, per semplice vi potrà sembrare, per sistemarlo per bene fin nei minimi particolari, bozze sempre nascoste nella mia capa, vi assicuro che è stato un vero rompi-capa. E questo rompicapo va avanti da due settimane. Ora tutto è pronto per iniziare. Questa sera, sempre di sera, inizio la stesura della base sulla tela, la fase preparatoria che più mi secca fare, che più mi pesa davvero tanto fare, ma che non lascerei fare nemmeno a Michelangelo.

Buona visione!

Che non vorrei diventasse come il “Buon pranzo a tutti”, o la più insopportabile: “Non dimenticate di pregare per me”. Non si possono sentire queste insipide idiozie. Sappiamo già adesso che questo monarca sarà ricordato più per queste caramellose insensatezze, che per il suo operato apostolico di vera ispirazione cristiana.

Vera = Originale

Non solo arte

Coviddi = Mondello = Cammello = Arte

Siate sinceramente poveri, siate sinceramente umili, dentro e fuori, nel corpo e nello spirito, solo allora avrà senso pronunciare anche la più inutile e insensata delle parole. Solo allora avrà un senso la tua benedizione.