Silenzio 21/3


Il senso dello specchio all'interno dei miei lavori

Quando la ricerca del senso della vita, in questo caso della mia vita, diventa una ossessione incontrollata, che mi spinge a diventare tutt'uno con ciò che faccio e con ciò che vado cercando di diventare, per essere, per capire, non per ammirarmi e rimirarmi soltanto. Ci mancherebbe altro!
Dico questo a proposito di un passaggio tratto dal libro “ A proposito del senso della vita”, scritto dal prof. Vito Mancuso, esimio professore che stimo e che seguo tantissimo, in cui Vito Mancuso afferma che se fosse nella condizione di poter decidere, di governare (lui dice di essere nella condizione di emanare una prima legge), la prima cosa che farebbe sarebbe quella di togliere di mezzo gli specchi. In poche parole, eliminare gli specchi dalle nostre case, dalla nostra vita, perché? Perché davanti agli specchi noi passiamo il nostro tempo, troppo tempo credo intesse dire, a rimirarci. Certo che messa giù così la cosa, mi troverebbe perfettamente d'accordo, ma io non la penso proprio allo stesso modo. Penso, al contrario, che lo specchio, oggi come oggi, sia più che mai, utile averlo e usarlo ancora più di prima, ancor più di quanto non sia mai stato usato finora. Credo, diversamente non capirei proprio il senso di questa sua affermazione, che lui intendesse dire che siamo diventati tutti troppo presi da noi stessi, e troppo poco presi dal considerare altrettanto chi siamo e chi vogliamo essere. Credo davvero che il prof. Vito Mancuso intendesse dire questo. D'altro canto, è proprio il prof. Mancuso che si sta prodigando (Dio lo mantenga ancora a lungo in vita), per farci capire in tutti i modi, quanto il tema della riflessione, dell'esame di coscienza, siano pratiche dimenticate e non più praticate, al fine di concederci più tempo per meglio conoscere noi stessi. Nel suo penultimo libro: “I quattro maestri”, di cui ho letto la prima parte tutta dedicata a descrivere la vita e il pensiero di Socrate, il tema della conoscenza di noi stessi - conosci te stesso -, è fondamentale. Alle radici della nostra storia e della nostra cultura vi è proprio il motto socratico “conosci te stesso”. Socrate non l'aveva inventato, ma l'aveva letto, stando a quanto riferisce Platone, sul frontone del tempio di Apollo a Delfi e l'aveva assunto come guida della sua ricerca filosofica.
Cosa c'entra tutto questo con lo specchio?
Se così fosse, se il motivo per il quale Vito Mancuso vorrebbe eliminare gli specchi fosse solo quello da lui ipotizzato, sarei perfettamente d'accordo con il professore. Se questi sono i motivi che lo spingerebbero a far approvare subito una prima legge per togliere di mezzo gli specchi dalle nostre case, in teoria, lo capirei, ma non voterei mai e poi mai a favore di questa su proposta di legge. Farei di tutto per fermalo prima che vada in Aula a leggere questo suo, al quanto provocatorio e bizzarro, testo di legge. Lo bloccherei prima, gli farei notare che lui è troppo intelligente per non capire che i motivi per i quali gli specchi si devono tenere, e casomai aumentare, sono molto maggiori di quelli per i quali lui crede vadano eliminati. Ma capisco il senso, seppur molto esteso, di una metafora che ha i suoi mille perché, oggi in particolar modo.

Ecco il senso di conoscere se stessi, il senso di indagare su noi stessi, di fare esame di coscienza, di riflettere, di meditare. Tutto questo serve ed ha senso se viene fatto con la consapevolezza di cercare le giuste risposte. E le giuste risposte non sono quelle che suggeriamo noi, quelle che vorremmo sentirci dare, ma sono quelle giuste, quelle che lo specchio (qui sta la forza e l'importanza dello specchio), decide di darci, ad personam.

Propongo che lo specchio venga santificato, anzi, divinizzato, ma con un particolare, che prima di guardarsi allo specchio, prima di avvicinarsi allo specchio, ci si prepari per bene. Prima di guardarsi e di consultare lo specchio, si richiede un sincero esame di coscienza, si rifletta; ci si ponga davanti allo specchio con umiltà, con sincerità, meglio facendo silenzio. Ecco che a questo punto, avremmo un nuovo Dio, un Dio molto più vicino a noi di quanto tutti gli Dei finora conosciuti siano mai stati. Un Dio per ciascuno di noi, un Dio che ci conosca meglio di chiunque altro. Un Dio fatto a nostra vera immagine e somiglianza, visto che al contrario non sembra aver avuto molto consenso, non tanto quanto loro speravano di ottenere.
Ecco il senso della nostra vita, unitamente al senso del nostro specchio. La mia vita va analizzata e considerata in quanto mia; dopo la fase teorica, anche in questo percorso di conoscenza, arriva la fase pratica. Così come il mio specchio va mantenuto e usato in quanto mio; dopo una accurata pulizia personalizzata, arriva la fase di un faccia a faccia con lui.
Ecco il senso dello specchio, del mio specchio. La tenga in considerazione questa mia riflessione sull'ampio significato e utilizzo dello specchio, prof. Mancuso, non si lasci fregare con ingenuità spicciola dal suo cattivo uso, vada oltre, faccia altre considerazioni sullo specchio, faccia pace con lo specchio, e lo specchio saprà regalarle, a lei come a tutti noi, enormi e inaspettate sorprese. Lo specchio è un amico, ma un amico spesso scomodo, non sempre accondiscendente e benevolo con noi, è forse questo equivoco che l'ha tratta in inganno professore? O forse, più semplicemente, la mia considerazione sullo specchio, sull'importanza di avere tutti uno specchio a disposizione, va ben oltre la sua.

Essere, non avere.

Esistere, non vivere.

Collaborare con la morte, non temerla.

Fare tesoro del passato, ma essere concentrati più sul futuro.

Non abbandonare mai gli studi, anche quando ci dicono che sono terminati.

La filosofia va gestita con oculata sapienza, solo così ti permette di vivere appieno; altrimenti sei nella merda, e rischi di affogarci dentro appieno.

Ha senso pretendere che tutto abbia un senso? Sì, nell'Arte funziona così!

Anche quando sembra che manchi un senso, capisci, anzi è sicuro, che un senso c'è. Impossibile che dentro un non senso apparente manchi per davvero un senso, una logica, una motivazione. Quindi l'arte che sembra non avere un senso, proprio per questo, è certificato che ha un suo senso. Per capire bene questo è fondamentale entrarci dentro, entrare nella mente di un vero artista contemporaneo che cerca un senso facendoci credere che quello che sta facendo sia privo di un senso. Se capiamo questo, riusciremo sempre a trovare un senso in quello che ci sembra non averne.

Riprendiamoci in mano l'arte ben fatta, intesa come bella pittura – parlo per me -, per fare anche pulizia di tutte quelle cose inutili che hanno reso in qualche modo inutile tanta “roba” degli ultimi anni. Lasciamoci alle spalle il marcio e tutto quello che ci è stato imposto dal mercato del pesce, e riprendiamo a fare arte per davvero. Riprendiamo a dire qualcosa di buono, di bello, senza barare, senza scorciatoie, senza continuare a spacciare il fumo facendo credere che sia un buon arrosto.

La merda, gli specchi rotti, le banane e i cessi dorati, il dito all'insù e altra “roba” del genere, hanno fatto il loro tempo; questo genere di roba si è sgonfiata, e di loro non resta che la provocazione – simbolo -, sgonfiato anch'esso. Riprendiamo a fare cose belle. Ritorniamo a dipingere, a scolpire o a fare in ogni caso cose belle. Che ritorni il bello e l'intelligente a far parlare di sé. Basta con le provocazioni sterili non supportate da un pensiero che le sorregga e giustifichi. L'arte va sempre giustificata. Non conosco nessuna forma d'arte che non abbia delle fondamenta ben piantate all'interno di una situazione ambientale e sociale, unitamente ad uno stato particolare in cui l'artista si trovi a vivere in quel determinato momento della sua vita, della sua ricerca esistenziale, ancor prima che artistica. C'è sempre un senso all'interno di un non senso; ma questo apparente non senso esiste in quanto esiste la sua giustificata, a volte casuale, volontà di esistere. Il semplice fatto di esistere – essere -, che è sempre subordinato dalla specifica e libera volontà del suo creatore di far esistere – creare -, determina la sua giustificazione ad esistere, quindi ad essere.

Basta buttare sul mercato “roba” sostenendone il valore della sola provocazione, che annulla ogni forma di sapiente artigianalità propria degli artisti veri, di quelli che sanno fare il mestiere dell'artista, e che magari lo sanno fare anche molto bene. Si sente il bisogno di essere circondati di cose belle, nel senso di belle fuori e belle dentro, di cose belle che creano e distribuiscono, nel senso di ritornarci indietro, il senso autentico della bellezza a tutti noi. La sola provocazione – idea -, non dà tanto.

Non voglio fare dello specchio un'opera d'arte fine a se stessa, ma usare lo specchio come il tramite tra il conscio e l'incoscio di ogni persona che abbia il coraggio di guradarsi dentro; di guardarsi allo specchio, come ho sempre fatto io e come sto facendo ancora adesso. La guarigione non è immediata, ma perseverando nel guardarsi allo specchio, è garantito che qualcosa si impara, si migliora.

Guardasi dentro, guardarsi nel profondo, che comprende il guardarsi anche fuori.

Lo specchio come opportunità per guardare oltre; oltre a noi stessi, partendo da noi stessi.

Lo specchio come trait d'union tra il nostro “Io” di qua - il presente -, e il nostro “Io” di là - passato + futuro -.

Io con Lui.
Tu con Tu e con Lui.
Io con Tu, ma sempre Io, grazie a Lui.

Ringrazio il prof. Vito Mancuso per avermi offerto la possibilità di un contraddittorio in merito a quella che io definisco l'importanza di avere e di guardarsi allo specchio, diversamente dalla sua, a parer mio miope, visione unilaterale e preconcetta sulla negatività assoluta di usarlo. Con lo specchio si fa altro, molto altro, oltre al rimirarsi (cito il prof. Mancuso), motivo che ha portato il professore a desiderare di togliere di mezzo lo specchio, ci si confronta, ci si affronta, come in un duello, guardandosi dritti negli occhi. Normalmente a sparare per primo è lo specchio, ma non è detto, per questo un confronto con lo specchio va comunque accettato e fatto. Guardi, gentile professore, che con lo specchio non si scherza, è lui per primo a capire se chi si vuole guardare e confrontare con lui è un idiota che vuole solo rimirarsi, o se al contrario, è qualcuno che sta chiedendo aiuto, un parere, un consiglio. Ripensi al suo progetto, qualora avesse il potere di farlo, quello di togliere lo specchio di torno. Lasciamo a ciascuno la possibilità di avere uno specchio in torno a sé, e casomai togliamo di torno altro, altri, decisamente più pericolosi e subdoli, nonché inutili. Lo specchio di per sé è innocente, spetta a noi usarlo bene o male. Caro prof. Mancuso, io sono convinto di usarlo bene lo specchio. Le ho suggerito alcune tracce da seguire, in merito al suo utilizzo, mi ascolti per favore, le provi, e poi, lo spero con tutto il cuore, mi saprà raccontare storie nuove su questo povero, ma potente oggetto, che è un mezzo. Mi raccomando, possibilmente lo faccia da solo, in silenzio.

Silenzio per favore, abbiate ancora un poco di pazienza:

Sento di essere a mio agio con i morti, “esseri” invisibili che vivono in mezzo a noi. Voglio vivere con i morti da vivo, in sintonia con loro, in pace con loro. Se tu li rispetti, loro ti rispettano e se cerchi di capirli, loro ti capiscono. Insime si convive, io da vivo, loro da morti, ma in ogni caso viviamo entrambi, diversamente vivi, ma ci siamo.

Ami la vita fintanto che non la capisci, poi l'accetti e basta. A quel punto sai che è troppo tardi per amarla come avresti voluto.

Invecchiando si migliora, come il vino, ma non bisogna tirare troppo la corda, altrimenti si degenera e si diventa buoni solo per essere esposti e ammirati, sempre che la tua sia stata una buona annata.

Si prega per essere e diventare, per migliorare, sempre per ringraziare, mai per chiedere altro ancora.

Maggiore è la tua semplicità d'animo, maggiore è il grado della tua nobiltà di essere umano.

E' importante avvicinarsi alla vecchiaia - morte - con serenità interiore e lucida accettazione. Con lo sguardo rivolto ancora in avanti, sempre meno all'indietro. Invecchiare bene vuol dire essere consapevoli di aver fatto un percorso, consapevoli di continuare a farlo, fino alla fine. In un percorso c'è un punto di partenza, ci sono tante tappe in cui ci si ferma e forma, e poi c'è un obiettivo finale da raggiungere, la conclusione del percorso. Meglio se fatto tutto con la consapevolezza di averlo percorso conquistandolo, con dignità, con onore, con gioia e qualche soddisfazione.

Nel nostro corpo Dio ha trovato il suo tempio, e da quel momento il nostro corpo è diventato la casa di entrambi.

L'uomo può diventare Dio, come Dio può diventare uomo. Per entrambi dipende se questo sforzo vale la pena farlo; non è scontato, dipende da che uomo vuoi essere, e di quale Dio si sta parlando.

In “A proposito del senso della vita”, il prof. Vito Mancuso affronta l'importanza del tempo, della sua durata, da cui ci viene concesso o negato di poter vivere. Trovare un senso anche qui, come io ho cercato di trovare un senso nell'arte che solo apparentemente non ha un senso, è cosa che mi fa impazzire d'entusiasmo. In pratica, il senso di ogni cosa, di ogni vita, lo esprimo in sintesi per meglio arrivare ad una conclusione sul tema, bisogna saperlo trovare, perché ogni cosa e ogni vita, fosse anche un piccolo scampolo di vita, un senso ce l'ha. Va fatto lo sforzo di trovarlo e di capirlo, ma alla fine un senso si trova sempre. Per affrontare questo sforzo bisogna studiare, pensare e riflettere, ma prima o poi si arriva ad una conclusione - sintesi -, che non è sempre e solo una vigliacca giustificazione (in arte una scappatoia ben confezionata, un escamotage), ma può essere anche una vera e bella soluzione, una bella sorpresa.
In conclusione, per dare un senso alla vita e all'arte, ci vuole tanto impegno. Ci viene chiesto di fare uno sforzo, uno sforzo che, ve lo assicuro, ci ripagherà facendoci vedere il paradiso anche quando crediamo che esista solo l'inferno.